Una nuova rivista semestrale dedicata alla poesia. Nel primo numero alcuni inediti di Anna Maria Farabbi.
CURATELA DI ANNA MARIA FARABBI
COEDIZIONE CON PIEDIMOSCA EDIZIONI
La collana Arca nasce con un’identità marginale, nell’accezione profonda: è stata concepita per dimorare a margine proprio per la sua radicale, atipica, natura.
Mi è stata consegnata la responsabilità di questa proposta editoriale e l’assumo come progetto immerso nella poesia, non solo nella sua offerta di catalogo, ma per la sua sostanza caratteriale.
- La collana è creata in coedizione tra due case editrici: Piedimosca e Al3vie. Credo sia l’unica esperienza in Italia, se non altro rarissima testimonianza, di una cooperazione di forze congiunte in scelta e in investimento. In questo caso, la piccola editoria trova alternative di politica aziendale e culturale contro l’individualismo concorrenziale.
- Il filo che teniamo tra le mani è femminile. Siamo tre donne, Elena Zuccaccia per Piedimosca, Raffaella Polverini per Al3vie, io anna maria farabbi per la curatela, che lavorano per la poesia nell’oceano del mercato. Tutte e tre viviamo, non solo nel nostro lavoro, un pensiero di genere.
- Il nome Arca ha un significato capovolto da quella tradizionale, maestosamente sacro. Ogni legno di questo mezzo poetico navigante, recupera una bellezza vitale per rioffrirla salva alla comunità, avendo in sé una tensione politica, sacra, forte. Non offre un valore di grandezza, ma un valore di qualità. Questa collana piuttosto di un’arca è un legnetto arca ico, come lo è sempre il canto.
- Navigherà ospitando un’opera all’anno. Il numero delle case editrici è infinito, poeti e poete infiniti, libri infiniti che, nelle acque infinite del mercato, fluttuano tra occhi e mani infinite. L’arca contiene un solo corpo all’anno. Si fa carico, e rende il carico, di questa parsimonia estrema, nel minimo, essenziale gesto di scelta. La poesia chiama al poco.
- Le prime tre poete più il quarto autore. Ho aperto io il viaggio, su proposta di Elena e Raffaella. Il titolo della mia opera, la via del poco, annuncia l’impostazione della collana. Mi affaccio nella responsabilità della cura. Seguono: Paola Febbraro, Stellezze e Carmela Pedone, Frammentario, entrambe già edite nella collana da me diretta per Lietocolle, ora fuori catalogo. Due opere che meritano di tornare energicamente alla luce.
Paola Febbraro con originale canto assoluto, asciutto, vissuto con interità purissima, senza alcun compromesso. Carmela Pedone, con una scrittura a sangue forgiata nella tragica sofferenza psichiatrica.
Ho già individuato il quarto autore e condiviso la mia scelta con Elena Zuccaccia e Raffaella Polverini. Lo nomineremo ad alta voce prossimamente.
anna maria farabbi
Avamposto
https://www.avampostopoesia.com/poeti/anna-maria-farabbi
***
ciò che non posso contare ripetere nominare transita
in una sonora transumanza invisibile
dalla pianta dei miei piedi alle suture craniche
nel plesso solare mi dimoro
quando mi chiamo mi rispondo vento
***
Non ha il becco eccessivo
la passerina che canta bene
***
trapassata la mezzanotte
sono le sei dell’alba.
torno a casa per stanchezza
non per amore.
e ancora una volta
sbaglio.
Il fulmine convoca la terra e il cielo
in un punto.
C’è un punto biancastro nel tuorlo
dov’è il germe. C’è
un punto di attacco nel fiore
che è l’ombelico esterno
nel luogo dei semi.
Lì sporge il sole e chiarisce
il mondo.
Anche quest’anno per presunzione
ho dato per scontata l’esistenza
della luce nel paesaggio:
il lavoro della luce
nelle forme del paesaggio.
Ho finito per scordare
che il ciliegio ha la testa
e che in primavera è più leggera
perché dalle radici sverna in petali
rosa. Uno
è il battere e uno
il levare della passera
che ora le sta dentro
per cantarla.
Mi fa accorgere del mondo.
Alle sei dell’alba il ciliegio è fermo.
Ma scrivo una bugia.
***
io con un bacio, signora scrittura,
ti rovescio la frusta,
e te la lecco per farti l’amore.
Signora che mi schiocchi la lingua
e me la metti in pista quando ti pare
in mezzo alle vertigini scorticanti
dei venti,
lì.
Lì che si spoglia e gira su sé stessa
come una poverina frenetica e balbuziente
che non sa ballare perché è zoppa dalla nascita e sta lì.
Lì che gira e non riesce ad estirpare
l’origine
di una parola decente.
Signora che per accarezzarla
la rastrelli
e lei, lì, zitta e analfabeta che mi trema in bocca
con niente che la possa congiungere
alla gola in me.
Splendida umida padrona che sei, sia così,
mi va bene così,
fin tanto che so narrarti e che so.
Ma in questa notte verdelunare
con tinte aranciogiallastre velocissime
di stelle cadenti sputate via dal
cuore,
ci sono. E sto ferma, in piedi.
Precisa dal mio battito cardiaco
alla filtrazione delle due
tempie.
Ti punto
scoccandoti sulla fronte
le mie lucciole canicolari
perché ho voglia di fare l’amore con te
dalla mia lingua
in giù.
Cos’è ti spiego cos’è
un bacio lavico
e quel che vedrai e ciò che
sentirai
in mezzo allo scandalo di questa notte:
ti dico per esempio, e intanto
ti lecco le labbra,
che tra le papille bagnate
c’è il mio paese che è la lingua mia
dentro cui parole perpendicolari abbastanza
si sono fatte alberi
fiori e frutta
e campano quasi in silenzio.
Si spogliano dentro i tuoi venti, sì,
ma ricrescono da soli
con i soli che mi salgono,
nelle primavere forti, in bocca.
***
Con un bacio, amore, hai sdraiato i fianchi
della montagna.
Gli orti strettissimi a terrazza innaffiati dentro la guerra
caricando la schiena piagata dei muli
di borraccette bucate acque rubate
ora sono fanghiglia sul tuo palmo
aperto. Odori.
Hai baciato la mia lingua
e io in lei sono morta
ondulata
nel tuo silenzio primitivo.
Bagnata analfabeta liquor
oralità venuta
nella tua bocca.
Con il tremore interiore delle nascite.
Commossa
offrendo la mia soletudine regale.
epitaffio
anna maria farabbi
piccolissima
dorme.
La casa è grande.
Le acque le terre i fuochi e le arie.
L’amore. Il meridiano che anche nel sonno
mi percorre.
***
Quei ciottoli nerissimi lisci quasi morbidi qua e là
sugli infiniti ori
della sabbia calda. Tu che mi chiedevi da dove venisse
tanta luce se il soffitto mancava completamente di luna e di stelle.
Dalla terra da sotto dalle profondità della nostra pancia
dalle intermittenze lucciolari dell’inguine
dalle scintille cardiache del sotterraneo oriente ti risposi.
E cominciai a leccarti le dita, imparando dai cani.
A toglierti con la lingua la necessità degli occhi
a premere le tue labbra con trasparenze animate garze
di baci, per obbligarti a tremare
in tutta la tua friabile estensione.
Per sentire l’imminenza
la velocità del vento nel sangue
il creato intero nel sangue.
Per barattarci nell’intimità
attraverso la creazione. Perché fare l’amore
è agire e ricevere la creazione.
Quei ciottoli notturni vivissimi quasi liquidi qua e là
sugli infiniti riti
della spiaggia.
***
Faccio l’amore in terra.
Tango:
la fisarmonica l’aia tacco e punta
profondamente tacco leggermente punta
dentro
la mia rosa.
I gialli della mietitura
mi colano dal labbro. L’oro
prugna.
Goccia il miele sul capezzolo. Ombelico
da cui sgorga succo d’uva.
Il mio nome ha faccia di lupa
la tana in corpo
al posto del pelo
flora.
***
Porto con me la bestia e la foresta intera
battendo la mia pelle di tamburo.
Il dolore è basso. Cammina
dentro le piante dei piedi.
Mi bruca la pancia.
Ma nell’ombelico profondo
mia madre canta.
***
dedicato ai poeti di corte
ai loro giochi
nel giardino del re
Perché non vivo in paese e non mi fermo
a chiacchierare sedendo con loro tra plastiche e aiuole.
Perché la parola ha in me un luogo e un tempo profondo
cammina dentro i miei piedi imparando
respiro ciclicità vocabolario e grammatica dalla terra.
Perché mi ritiro nella preistoria del dire e della scrittura
mi allontano da me stessa per rientrare intimamente
in mia madre. Con me
la magnifica bestia si meraviglia e si trasforma.
Che me ne faccio del re?
Anna Maria Farabbi (1959) è nata e vive a Perugia, sebbene consideri come proprio luogo d’origine Montelovesco, località appenninica fra Gubbio e Umbertide che ricorre nella sua opera anche attraverso il peculiare dialetto. Esordisce nei 7 poeti del Premio Montale 1995 con Firmo con una gettata d’inchiostro sulla parete. Numerosi i libri di poesia che seguono: dai due centrali usciti per Il Ponte del Sale – Adlujè, 2003 e Abse, 2013 – ai titoli pubblicati con LietoColle: Il segno della femmina, 2000, Solo dieci pani, 2009, La casa degli scemi, 2017 e presso altri editori: Fioritura notturna del tuorlo, 1996, La magnifica bestia, 2007, Dentro la O, 2016, oltre a varie plaquette e edizioni d’arte (tra esse: Io sono pane al pane e vino al vino, 2021). Nel 2022 La via del poco, in coedizione Al3viE e Pièdimosca, ripropone le prime introvabili raccolte della sua produzione poetica. In parallelo, Farabbi esprime il proprio percorso di costante riflessione su identità femminile e collettiva e un impegno anche sociale attraverso testi che contaminano i generi letterari, fra saggistica, narrativa, prosa lirica, inserti di versi, meditazione: Nudità della solitudine regale. Marginalia, 2000; La tela di Penelope, 2003; leièmaria, 2013; Il canto dell’altalena. L’oscillazione della figura tra il gioco e il mito, 2021. È autrice anche di teatro (La morte dice in dialetto, 2013) e letteratura per ragazzi (Caro diario azzurro, 2013, Talamimamma, 2015, La notte fosforescente, 2021) e curatrice-traduttrice (Kate Chopin, Louise Michel).
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Testi selezionati da La via del poco (Al3viE e Pièdimosca, 2022)
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Poesia in via Birago a Perugia, giovedì 23 giugno alle 19, con la presentazione a POPUP di La via del poco, di Anna Maria Farabbi, primo libro della collana di poesia Arca, in coedizione pièdimosca edizioni e Al3viE. Con l’autrice interverrà Elena Petrassi.
“So solo che il mio canto è un poco – spiega Farabbi nelle note di copertina del volume –. È la mia via. Che la poesia e la mia vita coincidono. Si intrecciano nella via del poco. Una via che ha la vocazione del vento, prossimo al nulla e portatore del tutto. Dopo cinque impronte liriche inedite che si incardinano nel titolo, sorgono in successione cronologica di pubblicazione editoriale otto opere nate nell’arco di venti anni, poco più: dal 1996 al 2022. Apro segnata dall’India, concludo la mia ricerca nei tessuti della terra giapponese”.
https://www.radiophonica.com/freelapis/perugia-poesia-la-del-poco-di-anna-maria-farabbi-popup
Pièdimosca edizioni e Al3vie accolgono nella Collana Arca dedicata alla poesia la prima opera La via del poco presentandola alla libreria Pop up di Perugia giovedì 23 giugno alle ore 19.
Le due realtà editoriali, guidate da Elena Zuccaccia e Raffaella Polverini, dopo aver pubblicato insieme Il canto dell’altalena l’oscillazione della figura tra il gioco e il mito seguito da La tela di Penelope e Kate Chopin. Racconti con saggio e traduzione di anna maria farabbi iniziano questo cammino in poesia con la curatela della poeta Anna Maria Farabbi che nel segno del femminile e della collaborazione ha proposto questo speciale e forse unico progetto condiviso.
Lasciamo che siano le parole della poeta Anna Maria Farabbi a presentare l’opera.
So solo che il mio canto è un poco. È la mia via. Che la poesia e la mia vita coincidono. Si intrecciano nella via del poco. Una via che ha la vocazione del vento, prossimo al nulla e portatore del tutto.
Dopo cinque impronte liriche inedite che si incardinano nel titolo, sorgo – no in successione cronologica di pubblicazione editoriale otto opere nate nell’arco di venti anni, poco più: dal 1996 al 2022. Apro segnata dall’India, concludo la mia ricerca nei tessuti della terra giapponese.
a.m.f.
Le opere: solo il poco è la via, 2022 firmo con una gettata d’inchiostro sulla parete, 1996 fioritura notturna del tuorlo, 1996 nudità della solitudine regale, 2000 la magnifica bestia, 2007 segni, 2007 la luce esatta dentro il viaggio, 2008 il filo della carovana di sale e i miei dieci nodi, 2018 io sono alla poesia come pane al pane e vino al vino, 2021
Pubblicazione in coedizione con Pièdimosca edizioni che insieme alla curatela di Anna Maria Farabbi accoglierà in condivisione la poesia nella Collana Arca
Donne in biblioteca tra memoria e futuro
Biblioteca delle donne Laura Cipollone (sede CPO)
Nel mondo digitale in cui oggi siamo immersi/e, le biblioteche hanno ancora senso di esistere? E cosa rappresenta una biblioteca delle donne? Oltre ad essere una pratica di conservazione della memoria femminile può ancora adesso configurarsi come uno spazio vivo, un laboratorio creativo di pensiero e nuove relazioni, un’officina del cambiamento?
Lorena Rosi Bonci ne parla con Anna Maria Farabbi, poeta e scrittrice che nelle sue opere ha scelto spesso di concentrarsi su scrittrici e artiste perlopiù tenute ai margini dei cardini culturali ed editoriali del proprio tempo. L’incontro sarà occasione per un dialogo sul filo della memoria teso verso il futuro, a partire dalla nascita della Biblioteca delle Donne Laura Cipollone fino all’ultimo lavoro di traduzione a analisi di Anna Maria Farabbi sulla scrittrice americana Kate Chopin.
“Mettere a fuoco opere e personalità di eccellenza qualitativa, con potente originalità e forza eccentrica, eversiva, libera da canoni e retoriche è, lo credo fermamente, un dovere civile, politico, artistico. Nel corso dei miei studi, la mia attenzione si è concentrata prevalentemente su artiste che, nel corso dei secoli, hanno in modi diversi ma totalizzanti subìto ingiustizie di emarginazione, sottovalutazione, svalutazione, perfino cancellazione. Mai è un caso quando si verifica un atto di femminicidio intellettuale […] Kate Chopin ha inciso il suo pennino nelle croste malate della quotidianità sociale e relazionale, soprattutto nelle carie della comunità, in quelle radici che precludono alla donna diritti e opportunità.” (Anna Maria Farabbi)
Decretati dalla Giuria i finalisti della Terza Edizione del Premio Letterario al femminile Le Parole di Lavinia.
Dopo un attento esame dei numerosi titoli in concorso, la Giuria ha reso noti i nomi dei finalisti per ciascuna sezione del Premio.
Per la Sezione Scientifica:
Agata Cecilia Amato Mangiameli, Maria Novella Campagnoli
Per la Sezione Saggistica:
Aldo Cagnacci, Anna Maria Farabbi, Marilena Lucente, Mauro Martini, Giorgia Pellorca, Emiliano Tognetti, Lara Vanni.
Per la Sezione Poesia:
Luisa Di Francesco, Laura Tommarello, Elisabetta Vatielli, Patrizia Pallotta.
Per la Sezione Narrativa:
Adriana Assini, Emanuela Caracciolo, Giulia Cosi, Graziano Di Benedetto, Marilena Fonti, Maria Teresa Galante, Beatrice Gioia, Clara Lazzari, Vanessa Longhese, Daniela Pecchi, Laura Ravone, Vincenza Lorusso.
Vi aspettiamo domenica 12 giugno 2022 al Museo Città di Pomezia – Laboratorio del Novecento per la III Edizione del Festival Letterario al femminile a partire dalle ore 10.30 con interessanti presentazioni librarie per giungere con entusiasmo alla Cerimonia di Premiazione che si svolgerà a partire dalle 17.00.
L’intera giornata sarà accompagnata dall’esecuzione di soave musica al femminile da parte dell’Arpista M° Ornella Bartolozzi, a cui si unirà nel pomeriggio il Soprano Stefania Murino.
L’arte tra bocca e cibo nasce dalla curiosità di riscoprire, attraverso la parole, l’universo in cui sono immersi i pazienti con disturbo alimentare
Il testo L’arte tra bocca e cibo fornisce un’affascinante lettura e parallelismo tra la bocca, come ricerca espressiva di parola, e la funzionalità primordiale del cibo e del nutrimento.
Messaggio pubblicitario Viene fornita una visione a cavallo tra le testimonianze personali ed artistiche di undici autori e il delicato argomento dei disturbi dell’alimentazione. L’elaborato, scritto in stile saggistico, si apre con l’autrice stessa, Anna Maria Farabbi, poetessa e narratrice. L’autrice racconta, in maniera esaustiva, lo scopo e il focus del testo, prendendo in considerazione aspetti non clinici del tema, ma ampliando il suo significato a condizioni etnoculturali e concependo il tutto in chiave descrittiva. Riferisce di aver ideato lo scritto come una ruota, con assenza di gerarchia tra autori ma con un occhio centrale attorno cui tutti ruotano, ovvero i disturbi dell’alimentazione. Il tutto è arricchito da contenuti artistici, sonate popolari, quadri o filmografia scaricabili tramite QR CODE a fine di ogni saggio.
L’interesse dell’autrice è partito dalla frequentazione di un centro di riabilitazione dei disturbi dell’alimentazione e dalla curiosità di riscoprire, attraverso la parole, l’universo in cui sono immersi i pazienti con tale disturbo. È da qui che nasce l’idea di elaborare un racconto che non si limiti ad un’autobiografia o ad un racconto episodico di eventi, ma che metta in campo le personali sofferenze degli autori che hanno avuto a che fare, per esperienza diretta o indiretta, con la problematica alimentare.
Una tra i primi autori è la Dott.ssa Paola Bianchini filosofa, psicologa e psicoterapeuta. La visione della scrittrice in esame si distanzia da quella clinica ma, con linguaggio solenne, apre lo scenario alla visione del dolore e della storia che i pazienti portano in quella che poi diventa la quotidianità del professionista. Anche in questo caso il focus è sulla parola e sull’abilità della stessa di comunicare anche quando non espressa e arricchita di silenzi.
Il riferimento al disturbo alimentare è espresso così: “è ossessione per il peso: la paura è nel peso della scelta ovvero nel peso dell’identità” e si mostra la ferita identitaria da cui nasce il disturbo, che si serve del corpo per poi manifestare il suo disagio.
Marco Bellini, poeta, esprime nei suoi versi l’ascolto empatico di dolore e di dignità emotiva della persona che ha scelto di raccontarsi a lui. Con versi decisamente forti di contenuto, come il titolo stesso “dita in gola”, apre lo scenario alla bulimia ed alla “donna trasparente piena di voce inascoltata.”
Si passa poi attraverso l’analisi del testo di sonata popolare , “La cena della sposa” ad opera di Giancarlo Palombini, docente di Etnomusicologia che descrive l’aspetto consumistico e transculturale del cibo attraverso l’abbondanza e la descrizione popolare della tradizione.
Il racconto intenso e travolgente di Sara Fruet, pittrice, medico coaching alimentare e biodinamica craniosacrale, che attraverso la pittura ed il suo tratto descrive le varie tappe del disturbo alimentare: dapprima perfezionistico e controllante, dai tratti precisi e colori scuri, fuori controllo, per poi diventare denso e colorato, libero e ricco di sfumature. Esemplificativo di ciò è la fig. 1.a e 1.b e il seguente estratto: “E mentre i confini del mio corpo iniziavano ad occupare più spazio, le tele diventavano sempre più grandi, i colori più brillanti, il gesto più ampio. Non più un sussurro. Ma un racconto a voce bella alta e sicura”. Il dettagliato racconto traspare di consapevolezza e dignità nel dolore ed apre le porte alla possibilità di cambiare e addentrarsi nel percorso di guarigione.
L’ARTICOLO CONTINUA DOPO LE IMMAGINI:
L’arte tra bocca e cibo – Fig. 1.a
L’arte tra bocca e cibo – Fig 1.b
Ed è di carattere femminile anche il racconto di Mariafrancesca Garritano, ballerina, che ben descrive il processo di interiorizzazione dell’ideale di magrezza e della sensazione di inadeguatezza dettata dall’ambiente.
La testimonianza di Marco Pozzi, regista cinematografico che racconta la storia della nascita del suo film Maledimiele e la dispercezione corporea che lentamente si trascina verso l’essere invisibile.
Messaggio pubblicitario Invece Pietro Marchese, scultore e insegnante, porta nella scultura il suo messaggio di riflessione rispetto alle generazioni attuali con la scultura Light (fig.2). Nella sua carriera di insegnante è capitato di assistere a profondi dilemmi perfezionistici e correlati al Disturbo alimentare dell’anoressia. Riferisce di aver utilizzato una figura forte che mirasse a perturbare e notare l’ossimoro e che riportasse al problema attuale in maniera silenziosa, fa intravedere l’infelicità di chi pensa di non poter reggere il confronto con le icone della bellezza e di bravura.
L’ARTICOLO CONTINUA DOPO L’IMMAGINE:
L’arte tra bocca e cibo – Fig 2
L’arte della sofferenza è mostrata anche da Alberto Terrile, fotografo, che immortala il volto tirato di una donna che ha perso la figlia per anoressia, discendendo in una sofferenza condivisa ed estremamente realistica (fig.3).
L’ARTICOLO CONTINUA DOPO L’IMMAGINE:
L’arte tra bocca e cibo – Fig 3
Un’arte dal tratto diverso è anche quella che narrata da Ludovic Debeurme, fumettista, pittore e illustratore che, nell’intervista, spiega le ragioni che stanno alla base di “Lucille”, uno dei suoi ultimi lavori in cui il tema centrale è quello dell’anoressia. Il tema, caro all’autore, descrive il legame tra corpo e spirito e la complessa relazione tra il proprio corpo e lo spazio circostante in un momento delicato della vita quale essere l’adolescenza.
Come chiusura circolare del testo, posizionato probabilmente volutamente come ultimo capitolo, compaiono i racconti autobiografici di Sara Fruent, precedentemente citata, ed Elvira Aglini, narratrice e generosa testimone del progetto ideato da Anna Maria Farabbi, e del suo personale vissuto.
In conclusione il libro in esame, prende in considerazione molteplici dimensioni e declinazioni del disturbo alimentare che partono dalla persona per estendersi alla rete relazionale nella quale è immersa, offrendo importanti punti di vista diversi. Si articola in due parti principalmente: la prima, ovvero quella che offre una visione prettamente metaforica e artistica, e la seconda ovvero quella in cui vengono messe in campo le personali esperienze di due autrici che ben delineano l’acuzia del dolore ed il processo di presa di coscienza e consapevolezza di sé e del mondo. Si tratta di una lettura interessante ed inaspettata che coinvolge il lettore soprattutto nella sua dimensione dinamica e variegata, di lessico, di immagini ed esperienze. Ho trovato particolarmente interessanti le testimonianze e le varie interviste fatte agli autori, complessa invece, nel linguaggio e nel tono solenne, la prima parte, scritta in termini saggistici, che potrebbe deviare in parte dal tema centrale in cui si articola tutta la tematica alimentare.
Risulta, invece, ben definita e strutturata l’idea di trattazione circolare degli argomenti, in quanto l’autrice apre il testo con la prefazione che ben spiega il progetto ed il ruolo di ogni autore, chiudendosi poi con la testimonianza di un partecipante lì, dove tutto è iniziato, ovvero nell’associazione “Il Pellicano”.
Molto al passo con i tempi ed estremamente utile è anche il corredato multimediale, scaricabile tramite QRcode.
Considero il testo una lettura consigliata di livello medio alto, di più facile comprensione a coloro che hanno, o hanno avuto, esperienza diretta o indiretta in tale patologia. È arricchente e stimolante ed offre una visione poliedrica del disturbo dell’alimentazione che incuriosisce per aver considerato, probabilmente per le prime volte, l’aspetto più artistico della sua espressione.
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2022/05/arte-bocca-cibo-recensione/
Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2022/05/arte-bocca-cibo-recensione/
Nel corso della fiera Feminism5 che si svolgerà a Roma dal 10 all’12 giugno, Anna Maria Farabbi porterà il libro Kate Chopin. Racconti con saggio e traduzione di anna maria farabbi. Pubblicazione in co-edizione con Pièdimosca edizioni.Sabato 11 giugno alle ore 16 nel Giardino Agorà – Casa Internazionale delle Donne – via Lungara 19 – Roma.