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Martedì la presentazione del libro “L’arte tra bocca e cibo” di Anna Maria Farabbi

Il libro “L’arte tra bocca e cibo”, peso corporeo e peso della parola, a cura di Anna Maria Farabbi, Kaba edizioni, verrà presentato martedì 22 novembre alle 16 al palazzo di campagna della Ginestrella, in strada Sant’Egidio Civitella d’Arna 29. Un lavoro che nasce dall’esperienza dell’associazione Il Pellicano onlus, con base a Perugia, che si occupa di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Farabbi, artista e poeta umbra ben nota nella scena nazionale e internazionale, al Pellicano svolge attività di volontariato, in particolare tiene un laboratorio di poesia e scrittura. Giocando con le parole e con l’arte ha coinvolto a questo giro dieci artisti e artiste, cui si è unita essa stessa che, scrive “convergono nella loro differenza identitaria e di ricerca espressiva: pronunciano la loro testimonianza artistica ed esistenziale. L’arte fa girare la ruota in un viaggio plurale e al tempo stesso unitario che entra nei disturbi del comportamento alimentare”. Ad esprimersi nelle pagine del libro su cibo e parole, spesso aprendosi a confidenze, confessioni, storie intime, memorie familiari, ma anche ad aprire sguardi sulla cultura del cibo, alta e popolare, sono: Paola Bianchini filosofa, psicologa e psicoterapeuta, venuta a mancare prematuramente nel 2020; Marco Bellini, poeta; Giancarlo Palombini, etnomusicologo e docente; Sara Fruet, pittrice, medico coach alimentare e biodinamica craniosacrale; Marco Pozzi, regista cinematografico; Mariafrancesca Garritano, ballerina; Pietro Marchese, scultore e insegnante; Alberto Terrile, fotografo; Ludovic Debeurme, fumettista, pittore e illustratore; Elvira Aglini, narratrice, e, appunto, Anna Maria Farabbi. La presentazione sarà occasione per parlare di cibo e corpo da molti punti di vista, oltre che per illustrare un libro che è una vera e propria opera d’arte. L’incontro verrà introdotto da Maria Assunta Pierotti, responsabile del Pellicano onlus. Interverranno Anna Maria Farabbi, curatrice dell’opera, Fiammetta Marchionni, neuropsichiatra del Pellicano onlus, Marta Picchio, dell’università di Perugia.

https://www.perugia24.net/news/martedi-la-presentazione-del-libro-l-arte-tra-bocca-e-cibo-di-anna-maria-farabbi-58457

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Presentazione a Perugia de L’arte tra bocca e cibo

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Il canto dell’altalena ha vinto il PREMIO Opere miste “Franca Fraboni” 

Anna Maria Farabbi con l’opera Il canto dell’altalena. L’oscillazione della figura tra il gioco e il mito; seguìto da La tela di Penelope, edito da Al3viE e Pièdimosca edizioni nel 2021 ha vinto il PREMIO Opere miste “Franca Fraboni” – XXXIII Premio di scrittura femminile Il paese delle donne.

https://www.womenews.net/2022/11/02/xxiii-premio-di-scrittura-femminile-il-paese-delle-donne-graduatoria-2022/?fbclid=IwAR1hOq2ro7qTcSlNDfbOIbXMSF96hHRC8N79uRPV6MrIEUeUoESwlHdK7vI
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Intervista ad Anna Maria Farabbi. Radioliberamente al Màt

Presentazione del libro L’arte tra bocca e cibo. Peso corporeo e peso della parola al Màt di Modena. Settimana della salute mentale

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Il Canto dell’altalena

https://www.culturabologna.it/events/il-canto-dell-altalena

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Nuova uscita per la Collana Orto – All’inizio era il buio

All’inizio era il buio

di John Martin Hull

a cura e traduzione di anna maria farabbi

Conversazioni di un cieco con la Bibbia

John Martin Hull (1935-2015) è stato Professore di teologia e scienze religiose a Birmingham. Nel 1983, a seguito di una lunga patologia degenerativa della retina, perse definitivamente la vista. Ha scritto numerosi libri e articoli nel campo dell’educazione religiosa, della teologia pratica e della disabilità. Uno dei suoi testi più conosciuti è Il dono oscuro (1990) tradotto e pubblicato da Adelphi nel 2019. Nel 2016 ne è stato tratto il film Notes on Blindness, di Peter Middleton e James Spinney, vincitore del primo premio ai British Independent Film Awards. La prefazione porta la firma di Oliver Sacks, noto neurologo e scritto re britannico, autore di numerosi best seller spesso dedicati alla tematica dei disturbi neurologici. Risvegli, pubblicato nel 1973, fu adattato in un film omonimo nel 1990.

Il contributo politico della cecità

di anna maria farabbi

Una riflessione verticale sulla vista e sulla sua assenza ci immette direttamente nel ventre della nostra cultura occidentale, più propriamente del sistema consumistico, capitalistico, liberistico, che viviamo. Abitiamo quotidianamente l’immagine, ne siamo at/tratti, inghiottiti, intossicati, resi dipendenti, devitalizzati dentro un processo di consumo/consumismo che si basa soprattutto sull’apparenza, su ciò che appare, su ciò che abbagliando induce e detta il bisogno di una riconoscibilità visibile, folgorante. È nell’immagine che si genera una dinamica autoreferenziale narcisistica che esclude ogni significato di complementarità nella relazione, così come ogni necessità di approfondimento dell’interiore. Si nega la possibilità di concepire e praticare il rovescio del canone omologato.

L’esperienza della cecità polverizza di colpo la superficialità visibile, entra e abita l’invisibile della nerezza, forzatamente in un processo inverso da quello che noi vedenti siamo abituati a vivere, anche mentalmente.

John Martin Hull narra tutto questo, portandoci lentamente a riconsiderare i nostri parametri sociali e culturali, spalanca magnificamente il corpo della voce e del suono, risvegliandoci sensorialmente e spiritualmente alla concentrazione del tacere e dell’ascolto, della lentezza fiduciosa, della risurrezione interiore traendo forza dal sacro profondo che ci dimora. Propone fatti della propria storia personale, pieghe del suo vissuto, mortificazioni, depressioni da cui è riemerso, con energia e lucidità.

Coniuga il verbo amare in un’accezione cristiana spogliata e disposta al confronto.

Tutto il suo lavoro in questa opera nasce e si sviluppa nel ventre delle Sacre Scritture. Si irradia in ogni angolo del nostro vivere quotidiano, in ogni connessione esistenziale e sociale, oltre a quella spirituale.

Il suo pensiero in ogni sua parola propone di fatto le fondamenta praticabili verso la correzione di una polis che molto ha ancora da imparare per una convivenza di pari diritti, di non discriminazione, di crescita contemporaneamente individuale e corale.

Attraverso un QR code sarà possibile ascoltare 8 tracce audio, contenuti scelti e letti dalla stessa curatrice.

Libro disponibile anche nel formato eBook

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Il canto dell’altalena ad Armonie. Associazione di donne a Bologna

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Metaphorica.

Una nuova rivista semestrale dedicata alla poesia. Nel primo numero alcuni inediti di Anna Maria Farabbi.

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Nasce la Collana Arca dedicata alla poesia.

CURATELA DI ANNA MARIA FARABBI

COEDIZIONE CON PIEDIMOSCA EDIZIONI

La collana Arca nasce con un’identità marginale, nell’accezione profonda: è stata concepita per dimorare a margine proprio per la sua radicale, atipica, natura.

Mi è stata consegnata la responsabilità di questa proposta editoriale e l’assumo come progetto immerso nella poesia, non solo nella sua offerta di catalogo, ma per la sua sostanza caratteriale.

  • La collana è creata in coedizione tra due case editrici: Piedimosca e Al3vie.   Credo sia l’unica esperienza in Italia, se non altro rarissima testimonianza, di una cooperazione di forze congiunte in scelta e in investimento. In questo caso, la piccola editoria trova alternative di politica aziendale e culturale contro l’individualismo concorrenziale.
  • Il filo che teniamo tra le mani è femminile.  Siamo tre donne, Elena Zuccaccia per Piedimosca, Raffaella Polverini per Al3vie, io anna maria farabbi per la curatela, che lavorano per la poesia nell’oceano del mercato. Tutte e tre viviamo, non solo nel nostro lavoro, un pensiero di genere.
  • Il nome Arca ha un significato capovolto da quella tradizionale, maestosamente sacro. Ogni legno di questo mezzo poetico navigante, recupera una bellezza vitale per rioffrirla salva alla comunità, avendo in sé una tensione politica, sacra, forte. Non offre un valore di grandezza, ma un valore di qualità. Questa collana piuttosto di un’arca è un legnetto arca ico, come lo è sempre il canto.
  • Navigherà ospitando un’opera all’anno. Il numero delle case editrici è infinito, poeti e poete infiniti, libri infiniti che, nelle acque infinite del mercato, fluttuano tra occhi e mani infinite. L’arca contiene un solo corpo all’anno. Si fa carico, e rende il carico, di questa parsimonia estrema, nel minimo, essenziale gesto di scelta. La poesia chiama al poco. 
  • Le prime tre poete più il quarto autore. Ho aperto io il viaggio, su proposta di Elena e Raffaella. Il titolo della mia opera, la via del poco, annuncia l’impostazione della collana. Mi affaccio nella responsabilità della cura. Seguono: Paola Febbraro, Stellezze e Carmela Pedone, Frammentario, entrambe già edite nella collana da me diretta per Lietocolle, ora fuori catalogo. Due opere che meritano di tornare energicamente alla luce.

Paola Febbraro con originale canto assoluto, asciutto, vissuto con interità purissima, senza alcun compromesso. Carmela Pedone, con una scrittura a sangue forgiata nella tragica sofferenza psichiatrica.

Ho già individuato il quarto autore e condiviso la mia scelta con Elena Zuccaccia e Raffaella Polverini. Lo nomineremo ad alta voce prossimamente.

anna maria farabbi

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Anna Maria Farabbi poesie scelte

Avamposto

https://www.avampostopoesia.com/poeti/anna-maria-farabbi

***

ciò che non posso contare ripetere nominare    transita

in una sonora transumanza invisibile

dalla pianta dei miei piedi alle suture craniche

nel plesso solare mi dimoro

quando mi chiamo mi rispondo vento

***

Non ha il becco eccessivo

la passerina che canta bene

***

trapassata la mezzanotte

sono le sei dell’alba.

torno a casa per stanchezza

non per amore.

e ancora una volta

sbaglio.

Il fulmine convoca la terra e il cielo

in un punto.

C’è un punto biancastro nel tuorlo

dov’è il germe. C’è

un punto di attacco nel fiore

che è l’ombelico esterno

nel luogo dei semi.

Lì sporge il sole e chiarisce

il mondo.

Anche quest’anno per presunzione

ho dato per scontata l’esistenza

della luce nel paesaggio:

il lavoro della luce

nelle forme del paesaggio.

Ho finito per scordare

che il ciliegio ha la testa

e che in primavera è più leggera

perché dalle radici sverna in petali

rosa. Uno

è il battere e uno

il levare della passera

che ora le sta dentro

per cantarla.

Mi fa accorgere del mondo.

Alle sei dell’alba il ciliegio è fermo.

Ma scrivo una bugia.

***

io con un bacio, signora scrittura,

ti rovescio la frusta,

e te la lecco per farti l’amore.

Signora che mi schiocchi la lingua

e me la metti in pista quando ti pare

in mezzo alle vertigini scorticanti

dei venti,

lì.

Lì che si spoglia e gira su sé stessa

come una poverina frenetica e balbuziente

che non sa ballare perché è zoppa dalla nascita e sta lì.

Lì che gira e non riesce ad estirpare

l’origine

di una parola decente.

Signora che per accarezzarla

la rastrelli

e lei, lì, zitta e analfabeta che mi trema in bocca

con niente che la possa congiungere

alla gola in me.

Splendida umida padrona che sei, sia così,

mi va bene così,

fin tanto che so narrarti e che so.

Ma in questa notte verdelunare

con tinte aranciogiallastre velocissime

di stelle cadenti sputate via dal

cuore,

ci sono. E sto ferma, in piedi.

Precisa dal mio battito cardiaco

alla filtrazione delle due

tempie.

Ti punto

scoccandoti sulla fronte

le mie lucciole canicolari

perché ho voglia di fare l’amore con te

dalla mia lingua

in giù.

Cos’è     ti spiego cos’è

un bacio lavico

e quel che vedrai e ciò che

sentirai

in mezzo allo scandalo di questa notte:

ti dico per esempio, e intanto

ti lecco le labbra,

che tra le papille bagnate

c’è il mio paese che è la lingua mia

dentro cui parole perpendicolari abbastanza

si sono fatte alberi

fiori e frutta

e campano quasi in silenzio.

Si spogliano dentro i tuoi venti, sì,

ma ricrescono da soli

con i soli che mi salgono,

nelle primavere forti, in bocca.

***

Con un bacio, amore, hai sdraiato i fianchi

della montagna.

Gli orti strettissimi a terrazza innaffiati dentro la guerra

caricando la schiena piagata dei muli

di borraccette bucate acque rubate

ora sono fanghiglia sul tuo palmo

aperto. Odori.

Hai baciato la mia lingua

e io in lei sono morta

ondulata

nel tuo silenzio primitivo.

Bagnata analfabeta liquor

oralità venuta

nella tua bocca.

Con il tremore interiore delle nascite.

Commossa

offrendo la mia soletudine regale.

epitaffio

anna maria farabbi

piccolissima

dorme.

La casa è grande.

Le acque le terre i fuochi e le arie.

L’amore. Il meridiano che anche nel sonno

mi percorre.

***

Quei ciottoli nerissimi lisci quasi morbidi     qua e là

sugli infiniti ori

della sabbia calda. Tu che mi chiedevi da dove venisse

tanta luce     se il soffitto mancava completamente di luna e di stelle.

Dalla terra da sotto dalle profondità della nostra pancia

dalle intermittenze lucciolari dell’inguine

dalle scintille cardiache del sotterraneo oriente     ti risposi.

E cominciai a leccarti le dita, imparando dai cani.

A toglierti con la lingua la necessità degli occhi

a premere le tue labbra con trasparenze animate    garze

di baci, per obbligarti a tremare

in tutta la tua friabile estensione.

Per sentire l’imminenza

la velocità del vento nel sangue

il creato intero nel sangue.

Per barattarci nell’intimità

attraverso la creazione. Perché fare l’amore

è agire e ricevere la creazione.

Quei ciottoli notturni vivissimi quasi liquidi    qua e là

sugli infiniti riti

della spiaggia.

***

Faccio l’amore in terra.

Tango:

la fisarmonica l’aia tacco e punta

profondamente tacco leggermente punta

dentro

la mia rosa.

I gialli della mietitura

mi colano dal labbro. L’oro

prugna.

Goccia il miele sul capezzolo. Ombelico

da cui sgorga succo d’uva.

Il mio nome ha faccia di lupa

la tana in corpo

al posto del pelo

flora.

***

Porto con me la bestia e la foresta intera

battendo la mia pelle di tamburo.

Il dolore è basso. Cammina

dentro le piante dei piedi.

Mi bruca la pancia.

Ma nell’ombelico profondo

mia madre canta.

***

                                                   dedicato ai poeti di corte

                                                              ai loro giochi

                                                          nel giardino del re

Perché non vivo in paese e non mi fermo

a chiacchierare sedendo con loro     tra plastiche e aiuole.

Perché la parola ha in me un luogo e un tempo profondo

cammina dentro i miei piedi imparando

respiro ciclicità vocabolario e grammatica     dalla terra.

Perché mi ritiro nella preistoria del dire e della scrittura

mi allontano da me stessa per rientrare intimamente

in mia madre. Con me

la magnifica bestia si meraviglia e si trasforma.

Che me ne faccio del re?

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Anna Maria Farabbi (1959) è nata e vive a Perugia, sebbene consideri come proprio luogo d’origine Montelovesco, località appenninica fra Gubbio e Umbertide che ricorre nella sua opera anche attraverso il peculiare dialetto. Esordisce nei 7 poeti del Premio Montale 1995 con Firmo con una gettata d’inchiostro sulla parete. Numerosi i libri di poesia che seguono: dai due centrali usciti per Il Ponte del Sale – Adlujè, 2003 e Abse, 2013 – ai titoli pubblicati con LietoColle: Il segno della femmina, 2000, Solo dieci pani, 2009, La casa degli scemi, 2017 e presso altri editori: Fioritura notturna del tuorlo, 1996, La magnifica bestia, 2007, Dentro la O, 2016, oltre a varie plaquette e edizioni d’arte (tra esse: Io sono pane al pane e vino al vino, 2021). Nel 2022 La via del poco, in coedizione Al3viE e Pièdimosca, ripropone le prime introvabili raccolte della sua produzione poetica. In parallelo, Farabbi esprime il proprio percorso di costante riflessione su identità femminile e collettiva e un impegno anche sociale attraverso testi che contaminano i generi letterari, fra saggistica, narrativa, prosa lirica, inserti di versi, meditazione: Nudità della solitudine regale. Marginalia, 2000; La tela di Penelope, 2003; leièmaria, 2013; Il canto dell’altalena. L’oscillazione della figura tra il gioco e il mito, 2021. È autrice anche di teatro (La morte dice in dialetto, 2013) e letteratura per ragazzi (Caro diario azzurro, 2013, Talamimamma, 2015, La notte fosforescente, 2021) e curatrice-traduttrice (Kate Chopin, Louise Michel).

*
Testi selezionati da La via del poco (Al3viE e Pièdimosca, 2022)

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